Trivelle, Operatori: “E adesso il governo punti davvero sulle rinnovabili”
ROMA – Investire seriamente sulle fonti rinnovabili, anche se il referendum sulle trivellazioni è fallito per il mancato raggiungimento del quorum. Lo chiedono le associazioni del settore delle rinnovabili che si rivolgono a Renzi e al governo per avere finalmente una politica energetica nazionale sulla scorta di quasi 16 milioni di persone che si sono recate alle urne. Aicarr, Free e Anev sono concordi nelle proteste e nelle proposte: mettere in soffitta le fossili è diventato un imperativo non più prorogabile. “Tocca fare un salto di qualità- dice Gianni Silvestrini, presidente del Coordinamento Free (Fonti rinnovabili ed efficienza energetica)- specialmente per quanto riguarda il settore dell’edilizia dove ci sarebbero da riqualificare interi quartieri, non solo singoli appartamenti”. E lo stesso vale per la mobilità. “Siamo alla vigilia di un momento molto importante- prosegue Silvestrini- è alle porte il boom dell’auto elettrica e l’Italia non può farsi trovare impreparata. La Fiat non ha mai creduto davvero in questo settore ma molte piccole aziende sì, bisogna assolutamente cogliere quest’opportunità”. Le fonti rinnovabili in Italia “negli ultimi 4 anni sono state boicottate in ogni modo, ora bisogna ripartire. Si deve capire che ci sono opzioni che consentono, con incentivi minimi, di ottenere risultati assai positivi”. Silvestrini lamenta la fase di stallo del settore, che “dopo lo slancio di 6-7 anni fa si è sgonfiato. Ed è un peccato- termina- perchè ci sono competenze e qualità importanti, che vanno assolutamente riorganizzate”.
“L’esito del referendum sulle trivellazioni non era legato alle rinnovabili– dice Simone Togni, presidente Anev (Associazione nazionale energia del vento)- tuttavia sono rimasto dispiaciuto del risultato emerso”. Intanto, la situazione del settore vento “è davvero difficile- avverte Togni- dal 2014 infatti attendiamo il decreto attuativo che ci permetta di fare nuovi impianti. Ad esempio sull’eolico, nell’ultimo anno e mezzo, non abbiamo potuto fare nuove installazioni. Non possiamo partecipare proprio alle aste, perchè non vengono indette. Il biennio 2015-2016 è rimasto tutto bloccato. Bene che vada, anche se la situazione si dovesse sbloccare il prossimo mese, il settore avrebbe solo sei mesi per organizzarsi”. Il dispiacere del presidente Anev è legato anche alla sensazione che si usino due pesi e due misure. “Se devo trovare un legame col referendum- rileva- forse è proprio questo: trovo scandaloso che alcuni settori, come quello delle trivelle, riescano ad avere leggi in breve tempo, mentre per altri la strada è più tortuosa. Il futuro del mondo è legato alle rinnovabili, questo è pacifico, eppure in Italia- conclude- ci sono ancora incredibili resistenze”.
Per Livio De Santoli, presidente dell’Associazione italiana condizionamento dell’aria riscaldamento e refrigerazione (Aicarr), “il referendum è stato deludente per il risultato ottenuto, ma se guardiamo il contorno non possiamo che essere soddisfatti: oltre 15 milioni di italiani sono stati motivati, nonostante un pressing politico inaudito, a chiedere al governo una politica energetica che manca da troppo tempo”. Tra pochi giorni Renzi sarà a New York per ratificare gli accordi di Parigi sul clima, “mi domando con quale faccia si presenterà- si chiede De Santoli- alla luce della grave situazione italiana”. L’Aicarr lamenta infatti “un problema di efficienza energetica, che è alla base di quelle politiche energetiche nazionali che dovrebbero prevedere strategie a lungo termine, fino ad arrivare al 2030-2050”. De Santoli si riferisce in particolare al settore residenziale, “che assorbe gran parte dei consumi. Microcogenerazione e pompe di calore potrebbero essere fatte anche domani, ma serve la volontà di procedere. La spinta di oltre 15 milioni di persone che chiedono una politica energetica seria- conclude- potrebbe essere utile”.